“Volevo lasciare il meno possibile ai nuovi dominatori dell’arte teatrale, i registi, inclusa la coreografia, per quanto posso immaginare…”
(Schonberg ad Anton Webern, 12 settembre 1931)

Mosè resta solo, con Aronne. È il fallimento della propria missione, ed il fallimento di Dio. Dell’unico Dio. Un Mosè disperato, denudato. In ginocchio. Nella indifferenza rassegnata di un Aronne che si allontana. E questa è stata anche la vicenda artistica di Schonberg stesso. Moses und Aronne di Schonberg, opera inconpiuta, può finire cosi. Deve finire cosi. Con quegli archi lacerati che gridano nel deserto di una fede incompresa. Ed intrasmissibile. La tragedia di questo fallimento religioso e sociale è annunciato da Schonberg fin dalle profezie del roveto ardente. La missione è una condanna. Lo si sente in orchestra. Come ad ogni prefigurazione di terre promesse, in una distonia musicale violenta. A volte penso che la difficoltà di Schonberg stia anche in una tragicità quasi insostenibile. Durissima. La scena finale è stato il momento più alto di questa produzione, ed uno dei più suggestivi cui ho assistito. E pensare che in più momenti per certi versi avrei voluto abbandonare la sala. La prima scena, la più mistica mai scritta, Mosè e Aronne due burattini che indossano maschere di legno. In un teatrino di marionette. La scena del vitello d’oro svuotata del popolo. Una delle scene più teatrali mai immaginate sostituita da una stanza chiusa con un Mosè, peraltro bravissimo, solo, ed al confine del delirio, a cui fanno fare di tutto. Completamente nudo si colora prima di nero poi di rosso. Tentando continuamente di rovinarsi contro le pareti. Tenta goffamente di farla finita. Alla fine ci riuscirà, sarà Aronne a sopravvivere. Il resto della produzione ha avuto momenti di coerenza con la struttura originale. Anche di alto teatro oggettivamente. Ed il finale redime tutto e tutti. Scena e sala. Tranne Mosè, morto. Circondato da manichini insanguinati. Una produzione così avrebbe scandalizzato anche i seguiaci dei registi coonsiderati piú eversivi, da noi. A confronto dei filologi un po’ sbandati. Eppure è stato un successo di pubblico caloroso. Il teatro era sostanzialmente pieno, pur con un’opera certo impegnativa. Ed in un teatro non tra i più importanti. Pur nella divergenza ho imparato molto, oggi, dello stare a teatro. E di questo capolavoro. Che ogni volta sa sbalordirmi….

“Dunque, son vinto! Ed era tutto follia ciò che ho pensato e non può né deve essere detto!
O parola, parola che mi manca! Si accascia al suolo, disperato” (Moses)

Viva Schonberg. Sempre. E 150 anni di auguri!

MOSES UND ARON
Arnold Schönberg (1874 – 1951)

Oper in drei Akten (Fragment)

Inszenierung: Lorenzo Fioroni

Musikalische Leitung: Dirk Kaftan |
Chor
Chor des Theater Bonn
Gastchor
Vocalconsort Berlin
Statisterie
Statisterie des Theater Bonn
Orchester
Beethoven Orchester Bonn

Moses
Dietrich Henschel
Aron
Martin Koch
Ein junges Mädchen / Erste nackte Jungfrau
Tina Josephine Jäger
Eine Kranke
Ingrid Bartz
Ein junger Mann / Der nackte Jüngling / Jüngling
Tae Hwan Yun
Ein anderer Mann / Ephraimit

Nuova produzione Theater Bonn

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