Fare una Biennale Musica più all’avanguardia di questa credo sia difficile, se non impossibile. Musica che si auto riproduce da sola, strutturata su algoritmi, su clonazioni. Musica realizzata con l’intelligenza artificiale. È una musica che tende ad oggettivarsi, a divenire collettiva. Addirittura si produrrà musica dalla interazione di cellule conservate di un musicista scomparso. Il tema portante di questa edizione, la teza guidata da Lucia Ronchetti, è la musica elettronica. Ed in questo senso si apre. Si apre a forme di contaminazione. Tanto che il Leone d’oro quest’anno è stato attribuito a Brian Eno. Ed aprendosi questa edizione ha avuto un successo di pubblico straordinario. Ogni recita è esaurita. Un pubblico molto variegato per nazionalità ed età. E soprattutto un pubblico molto entusiasta. Sia al concerto di Eno che alla premiazione si è assistito a tributi veri e propri. Da appassionati. Questa potrebbe diventare una delle edizioni più importanti, per avere rotto la tradizionale diffidenza di genere ed essersi aperta veramente a tutti. Indistintamente. I confini tendono ad assottigliare, a mutare da un sistema all’altro. Quasi impercettibilmente. E la musica strutturata si diffonde, penetra. A questi concerti poteva veramente partecipare chiunque e rimanerne colpito. Pur in una struttura costruttiva estremamente complessa ed avanguardista. E così è stato. È una programmazione molto audace ed estrema ma che ha portato risultati, in scia al successo delle precedenti edizioni. Rinnovandosi. E soprattutto apre realmente uno sguardo concreto sul futuro. Su dove sta andando la musica. E la via delle contaminazioni, della rottura delle barriere, sembra aprire possibilità importanti per una nuova dimensione sociale e comune. Affinché questa musica, la musica di oggi, possa entrare in contatto con tutti. Con temi di profonda attualità. Con nuove forme e formule, a qualsiasi livello. Le sale vuote sono sempre più un ricordo…