Una ragazzina di sedici anni ordina ai soldati di portarle la testa del Profeta. Lo ordina al Terarca stesso. E lo fa con una veemenza tale da sbalordire gli astanti. E non è certo una corte poco avvezza a cose di sangue. Compresi i dotti giudei, che assistono indifesi dalle sacre scritture all’evaporare di ogni dio immaginabile. Non c’è potere, non c’è autorità, non c’è religione, ragione, ricchezza, che possa frapporsi alla sua volontà e farla desistere, dal suo intento ossessivo, di Salome: “Né i fiumi né le grandi distese d’acqua possono spegnere l’ardore della mia brama…”. Alla volontà di questa Principessa offesa dal rifiuto di un predicatore di strada. Mai è apparso tanto chiaro quale sia nel mondo il vero potere della natura umana, l’eros. Più torbido e profondo. Sbatte i pugni sulla cisterna ed ingiunge a Naaman di dividere il corpo dalla testa di Jochannan, e di farlo subito. Una Principessa non la si fa attendere. Ogni ordine morale, sociale, politico, religioso, cede. Inerme. Ammutolito. Capitola di fronte alla irreversibile volontà di una ragazzina. Spariscono tutti dalla scena. Esiste solo lei ed una musica di una violenza inaudita. Cui segue un lungo monologo tra i più alti di Strauss. Dove accade un miracolo. Nell’unica religione di Strauss, il miracolo dell’amore. Salome comprende la vera essenza dell’amore e lo canta con una concentrazione tale di sentimenti, di metamorfosi interriore, di passione, e di bellezza sublime, da sedurre qualsiasi pubblico in qualsiasi produzione. Nulla può più contenere la vera potenza dell’amore.

Tanto da far gridare al loggione: “viva Micheletto!”, alla Scala! Che pareva inespugnabile. E tra gli applausi calorosissimi di tutto il pubblico. Un grande successo, per il teatro…

“C’era un sapore amaro sulle labbra. Era il sapore del sangue? No! Ma era sapore d’amore…” (Salome)



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