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Il mondo della lirica oggi batte bandiera lituana. Queste sono produzioni attraverso le quali si può comprendere il livello di professionalità e potenzialità artistiche a cui è arrivato questo fantasmagorico mondo di teatro musicale. Una Ausrine Stundyte stratosferica che sembra appena rientrata da Salisburgo. Ancora è tutto teatro. Cantante, attrice, regista, direttrice di sé stessa. Non ascolta, e ci trasmette, altro che il suo enorme talento. La sua infinita sensibilità drammaturgica. Io la adoro alla follia. Solo leggermente meno dell’altra. Di Lituana. Stasera Ausryne è stata davvero impressionante. A questi livelli non serve alcuna regia, alcuna scena. Alcun drammaturg. Tutto questo non potrebbe far altro che disturbare. Urtare, limitare la perfezione. Soprattutto con i fanatici delle proprie idee che circolano nelle produzioni di oggi. Due metri quadri di palco sono per lei un teatro intero. Gestualità, sguardi, espressioni, sono una produzione intera. Quello che deve fare glielo spiegano le note, ed i versi. Che sente come poche altre. Sono sue. Dopo la scena dell’agnizione di Oreste fossi stato a Roma sarei corso sul palco ad abbracciarla in lacrime. Un miracolo. Stasera abbiamo assistito ad una delle più straordinarie Elektra mai viste e soprattutto sentite. In forma, teatrale, da concerto. Ed il resto del cast non era certo da meno. Un cast di altissimo livello, perfetto. In ogni parte. Uno più bravo e straordinario dell’altro.


Una Elektra sempre cantata, mai gridata. Pappano è uno dei pochi direttori che ha compreso a fondo Elektra, Strauss ed Hoffmannsthal. Nella loro essenza. Che ha compreso quanta umanità dirompente scorra in queste note più del sangue. E più di una violenza barbarica. Una umanità che trova rifugio ed espressione in un lirismo disperato ed esasperato. Che si libra in, e sopra, la carne da macello di cui si compongono i protagonisti di questa immane tragedia familiare. E sociale. Elektra è un mattatoio, un giardino zoologico. Ma perfino Clitennestra sogna, in una perenne insonia, redenzioni impossibili. Strauss ci mostra nel pentagramma il negativo di immagini di personalità devianti e malate di assoluto, e di nulla. I loro incubi, come i loro sogni. Più che un direttore d’orchestra serve un poeta psicanalista capace di forgiare timbri e sonorità estreme, opposte. Scandagliare personalità complesse. Trasformare l’orchestra tra una battuta e l’altra. E che ami smisuratamente questa partitura di una bellezza immensa. E serve una orchestra capace di meraviglie. Duttile, morbida, spigolosa, violenta, sognante, torbida e cristallina. Che sappia farci travolgere da un oceano inconteniblie di musica. Come quello che al termine della tragedia travolge Elektra. Inondata di un amore come solo lei può provare. E nessun’ altro comprendere. Tanto da morirne…

“…Se io non sento? Questa musica io non sento? Esce da me…. Tutti qui vengano! Unitevi tutti! Io il peso
sostengo della gioia e per voi danzo.
Chi come noi è felice, deve solo tacere e danzare”

ELEKTRA
Richard Strauss

Ausrine Stundyte (Elettra)
Elisabet Strid (Crisotemide)
Petra Lang (Clitennestra)
Neal Cooper (Egisto)
Kostas Smoriginas (Oreste)
Leonardo Cortellazzi Cortellazzi (Un giovane servo)

direttore Antonio Pappano

Orchestra e Coro dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia



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